Un nuovo progetto, tante idee e la partecipazione attiva dei cittadini. La piscina di Nervi, punto di riferimento del quartiere per quanto riguarda la parte sportiva e non solo. La “Mario Massa” – da sempre – rappresenta un centro di aggregazione sociale per chi vive il quartiere dei parchi, ma soprattutto in estate si trasforma in un polo turistico, un angolo di paradiso dedicato a chi vuole passare qualche ora di tranquillità senza rinunciare al sole o al profumo del mare. Da qualche tempo a questa parte, invece, la situazione è ben diversa: la condizione in cui si trova la vasca che ha visto giocare i più grandi pallanuotisti della storia è a dir poco degradata. Acqua verde, maleodorante e uno stato di abbandono pressoché totale. I nerviesi e i residenti del porticciolo lamentano esalazioni e grandi sciami di insetti nell’area del porticciolo e la Mario Massa, da punto nevralgico e strategico per l’economia e il turismo nerviese, si è trasformato in una fonte di preoccupazioni.
Il Comune e il Municipio, da tempo, cercano le risorse per sistemare la zona e sembra che le soluzione siano state trovate; a sentire l’assessore responsabile – Michele Raffaelli – i progetti esistono e sono concreti: «Presto verrà realizzato un progetto importante – conferma – il realizzatore dovrà garantire qualità e standard richiesti in primis dai residenti. Il progetto sarà infatti esposto a disposizione dei nerviesi che potranno apportare modifiche alla piantina affissa nella bacheca del Municipio (via Domenico Pinasco 7, ndr)». Quelle più interessanti saranno prese in considerazione e analizzate per cercare di farle rientrare nel rendering vero e proprio.
Ma che cosa rappresenta e come si metteva in mostra la Piscina Massa quando il periodo sportivo nerviese ha raggiunto livelli alti e allori? Lo abbiamo chiesto a Enzo Barlocco, giornalista, ma prima ancora campione della waterpolo nerviese e azzurra del Settebello.
«In principio era una spiaggetta di sabbia fine, proprio sotto la costruzione che ospita attualmente il bar Dodo e che allora era insieme sede della Sportiva Nervi e spogliatoio degli atleti, che di lì raggiungevano il molo per guadagnare il campo di pallanuoto costituito da due porte di legno sorrette da galleggianti che le riserve dovevano “camallarsi” fino all’arenile per poi posarle sulla superficie, quindi fissarle “ai corpi morti” sistemati sott’acqua ogni inizio stagione.
Quando poi si giocavano le partite di Campionato in notturna alle porte si aggiungevano le corsie che delimitavano il campo, complete di “natte” (sugheri) rosse e verdi che indicavano i due e i quattro metri, cioè il fuorigioco e l’area di rigore. Il tutto illuminato da lampade sospese a tralicci orizzontali che partivano dalle ringhiere del molo, dove al piano superiore si posizionava il pubblico, mentre al di sotto passeggiava l’arbitro (allora uno solo), sempre in posizione critica per quello che da sopra poteva piovere. La coreografia era splendida: il Porticciolo illuminato e gli atleti che uscivano dallo spogliatoio, scendevano lungo la spiaggetta di cui sopra e si tuffavano in acqua per sbucare, dopo una breve apnea nei pressi del campo di gioco, circondato da barche di ogni dimensione.
Tutto magnifico fino a quando c’era bonaccia, ma quando il mare s’ingrossava né il molo né il Cristina – un grosso barcone gentilmente concesso dall’armatore che, ormeggiato di traverso poteva attenuare il moto ondoso – riuscivano ad impedire che le porte danzassero freneticamente sulla superficie dell’acqua provocando l’inevitabile rinvio della partita o lo spostamento della sede nella piscina di Albaro, certamente più tranquilla, ma anche pressochè priva dei caldo tifo nerviese, tenuto lontano dalla scarsità di mezzi di locomozione, dal momento che allora la maggior parte della gente si spostava col tram.
Tralascio le lamentele dei nostri avversari abituati all’acqua dolce delle piscine, cui gli spruzzi d’acqua salata provocavano fastidiose irritazioni, l’invasione di campo delle “Bouze” – innocui lumaconi di mare nerastri un po’ viscidi che se colpiti nella foga del gioco si spaccavano emettendo un liquido violaceo, che non piaceva molto a chi non era abituato a convivere con quei simpatici animaletti per noi preziosi alleati -. Così all’inizio degli anni ’60 si avvertì l’urgenza di un campo di gioco al riparo delle mareggiate estive e si pensò alla piscina che decretò la fine di quella leggiadra spiaggetta affollata d’estate di bagnanti di ogni età.
Nel progetto però non si poteva parlare ancora di piscina, questo per non turbare i difficili equilibri fra pallanuotisti e pescatori che dallo scalo ancora oggi esistente alavano i loro gozzi. Così si parlò della creazione di “un bacino d’acque tranquille” chiuso da tre lati che avrebbe potuto essere usato alternativamente da pallanuotisti e pescatori che lì avrebbero potuto ricoverare le loro barche quando non si fosse giocato a pallanuoto.
Per noi della Sportiva Nervi era il coronamento di un sogno, per i pescatori un po’ meno; forse perché da uomini di mare fiutavano la “sola” (per dirla alla romana), che puntualmente arrivò una notte: quando il palombaro che doveva preparare i basamenti per le gettate di cemento armato che avrebbero dovuto delimitare l’accesso lato mare. Chissà forse “per distrazione” proseguì fino in fondo congiungendosi al molo sì da creare i presupposti perché il bacino di acque tranquille diventasse un embrione di piscina con tre grandi fori sottomarini sul lato porticciolo per consentire il deflusso dell’acqua, ma non certo il passaggio delle barche. Sorvolo sulle furiose polemiche, le minacce e gli accenni di rissa che ne seguirono, ma alla fine ci si arrese alla legge del più forte che in quel momento al Porticciolo era la pallanuoto della Sportiva Nervi, (oggi per molto meno l’autorità giudiziaria interviene pesantemente, magari con ragione). Così dopo un 1963 che costrinse il Nervi a giocare nella piscina sul mare della R.N.Sori, allora in serie B e che alla fine costò la retrocessione ai nerviesi, nel 1964 finalmente la Sportiva Nervi disputò nella sua vasca il primo campionato che sancì il rapido ritorno in serie A e di lì un crescendo di successi, fino a diventare nel 1967’,’68 ,’69 la seconda forza del campionato, l’unica in grado in quegli anni d’impensierire la Pro Recco.
Naturalmente quella non era ancora una vera piscina, le pareti con l’acqua di mare si ricoprivano di muscoli, ricci e patelle, mancava solo il corallo, ma ci si tagliava ugualmente spingendosi dal bordo. Così successivamente fu costruito il fondo vero, non più la melma in cui si annidavano gronghi ed anguille. Furono piastrellate le pareti, si installarono i filtri per depurare l’acqua e arrivarono le caldaie che finalmente consentivano docce calde (nei primi anni appartenevano al libro dei sogni, ndr).
Il resto è storia recente, molto triste. La piscina dopo qualche modifica è ormai un rudere d’archeologia sportiva, l’epopea del Porticciolo fa parte ormai dei racconti dei sopravvissuti, la Sportiva Nervi è fallita, quasi a mettere la parola fine ad un epoca irripetibile».